Teatro

Tullio Solenghi ne L’ultima radio

Tullio Solenghi ne L’ultima radio

Formidabile rientro teatrale per Tullio Solenghi che, al Teatro Libero di Milano fino al 25 novembre, ci regala un imprevedibile, commovente personaggio. E’ Mickey, uno di quelli che oggi si chiamano Dj, ovvero un conduttore radiofonico un po’ vecchia maniera, di quelli che hanno iniziato coi dischi in vinile e quasi fino all’ultimo non vuole rinunciare al grosso, nero, vecchio Long Playing. Prima di ritrovarlo più addomesticato, capace di tornare in radio con tanto di CD, assistiamo alla lunga storia di un fallimento esistenziale, supportata da una colonna sonora semplicemente straordinaria, quasi tutta elaborata dall’eccellente regista Marcello Cotugno. Bello il monologo scritto da Sabina Negri come pure le scene create da Carmelo Giammello, in cui il protagonista si muove anche per raccontare in due camei la storie di Edwin Armstrong, inventore della modulazione di frequenza ovvero le onde FM e quella di un deejay eroico, Peppino Impastato, che fu ucciso per il suo impegno politico divulgato via radio. Ho parlato con Tullio Solenghi e l’ho confuso al punto che ha creduto di essere su ‘Scherzi a parte’ e invece no: siamo su Teatro.Org.
Come si svolge in sintesi la storia del tuo protagonista? E’ la storia di un fallito, Mickey che verifica il suo fallimento umano: ha perso una figlia, una moglie e quindi getta la spugna, chiude la radio. All’interno della commedia racconto la storia di due eroi della radio, l’inventore delle onde FM, Armstrong e di Peppino Impastato, attraverso una scenografia che mi offre un proscenio esterno al luogo dove si svolge in qualche modo la vita di Mickey, con tanto di cabina radiofonica. Chi ha pensato a una storia simile, così commovente? L’idea parte da Sabina Negri, che ha scritto un monologo-racconto rivisitato da me e da Marcello Cotugno, il regista. Cotugno ha inoltre scelto la maggior parte delle musiche, che registrano sempre un grande apprezzamento perché non sono quelle ovvie, più note degli anni ’60, ’70, ma insolite. Tu hai studiato alla Scuola di Teatro dello Stabile di Genova, con cui hai debuttato a teatro nel 1970 e dove hai incontrato Massimo Lopez, che sarebbe diventato uno del celebre Trio. Anna Marchesini è arrivata dopo, nel 1982 e il nuovo Trio avrebbe ottenuto un enorme successo proprio in radio, con Helzapoppin Radiodue e le celeberrime ‘freddure minime della notte’. Ti piacerebbe tornare a lavorare in radio? Non si è ancora presentata l’occasione, ma ho ricordi bellissimi. Cosa c’è di speciale in questo mezzo di comunicazione? La radio non ha la pornograifia dell’occhio della telecamera e lascia qualcosa all’immaginazione di chi ascolta. Un suono può evocare mille immagini, cosa che la televisione non può fare essendo svelata, dichiarata. E’ più bello e rilassante fare radio, può essere molto più divertente. Se ti capitasse un tipo coi problemi di Mickey, cosa gli diresti per tirarlo un po’ su? Gli darei un consiglio come quello della figlia e cioé che per realizzarsi non serve aspettare l’approvazione degli altri. Non c’è bisogno di aspettare un riconoscimento da un mondo esterno che, nove volte su dieci, da la medaglia agli effimeri e quindi è meglio contare su stessi e sulla propria autostima. Ma se uno è carente proprio di quella forza lì? Esiste la sfiga e l’interpretazione della sfiga, quella che fa pensare ‘Io non valgo’. Mentre invece la sfiga è dovuta a fattori esterni, pensa ad esempio al suo contrario, come chi vince al totocalcio… La società di oggi è tutta tesa a considerare chi ha denaro, soldi, successo, ma non è sempre stato così. Seneca e Platone, per esempio, dicevano che un uomo deve trovare una sua dimensione e non dipendere da cose che possano deteriorarsi. I soldi passano, la bellezza sfiorisce e poiché questi valori crollano, crollano pure quelli che vivono credendoci. Molto giusto. Dove andrai con questo splendido monologo? Giriamo fino ai primi di marzo: dopo Milano ci sarà un periodo di sosta ma a febbraio saremo a Genova e poi di qua e di là, in Puglia e in Sardegna, un po’ in tutta l’Italia. Per quanto tu abbia fatto teatro e poi televisione e cinema, gli anni col Trio sono quelli che hanno segnato maggiormente la tua carriera. Come ti sei sentito quando di recente siete tornati assieme in televisione? Avevamo previsto che fosse proprio quello che è stato: ritrovarsi dopo venticinque anni e fare festa, insieme al nostro pubblico, rievocando le emozioni, i ricordi, giocando fra di noi, con il nostro divertimento e col fatto che siamo tre amici, rimasti tali. E c’è molto sentimento ancora. Il pubblico ti sta accogliendo con grandi applausi. Ti senti lusingato, oltre al fatto di essere bravo? Sono molto soddisfatto dal pubblico che, con questo spettacolo, scopre un lato emozionale di me ed è una bella sorpresa in più. Farai ancora spettacoli così imprevedibili? E’ sempre l’ispirazione del momento che decide: quello che mi capiterà di fare farò, che sia una cosa comica o una più emozionale come questa.